La produzione libraria aumentò già prima dell’avvento della stampa grazie all’introduzione della carta, importata dall’Oriente tramite gli arabi, e lo spostamento della produzione dai centri monastici alle città sede di università. Da un oggetto raro e prezioso il libro diviene strumento di lavoro, in uffici, tribunali, cancellerie, grazie precedentemente ai monaci che li ricopiarono;successivamente al fatto che i nuovi ceti sociali ne richiedevano sempre di più,si afferma una scrittura nuova, indicata come littera antiqua, in realtà era la trasposizione di una delle scritture più diffuse in epoca medievale, la carolina, assai più leggibile, con una tachigrafia ariosa ed elegante.
L’apparizione della stampa a caratteri mobili si colloca così in un universo che ha già subito trasformazioni importanti. Il dibattito attorno alla nascita di questo nuovo strumento è segnato dalla mancanza di una letteratura storico-critica coeva: si dispone unicamente del libro, dell’oggetto concreto. Nonostante la nascita della stampa, alcune delle vecchie professionalità continuarono a giocare un ruolo importante, soprattutto a livello di finiture del libro (ad esempio miniatori e rubricatori). La continuità era evidente soprattutto nelle forme: il libro a stampa cercava di differenziarsi il meno possibile dal manoscritto nelle caratteristiche estetiche, di organizzazione del testo e delle immagini, e nonostante l’affermazione sempre più netta della stampa, il manoscritto continuava a vivere a lungo un’esistenza parallela.
Anche le notizie intorno alla figura di Gutenberg sono fonte di discussione, certo è che negli anni 40 del Quattrocento in più parti in Europa si stava lavorando nella stessa direzione, Gutenberg non puoteva considerarsi isolato. Tra i pochi dati certi sappiamo che si trovava a Magonza tra il 1448 e il 1454, dove costituì una Societas con Johann Fust, banchiere che gli garantì un sostegno economico, e Peter Schöffer, calligrafo e incisore. Da questa società naque la Bibbia a 42 linee, che messa in vendita a Francoforte nel 1455 suscitò l’entusiasmo di Enea Silvio Piccolomini. Il raffinato umanista sembrava non accorgersi che questa splendida Bibbia, che si poteva leggere “senza fatica e senza occhiali”, non era un manoscritto,grazie alla cura di Gutenberg nel riprodurne esattamente le caratteristiche.
Nell’arco di un decennio la nuova tecnica cominciò a diffondersi nelle varie città europee, grazie agli spostamenti dei collaboratori di Gutenberg e Schöffer.
L’Italia fu una delle mete privilegiate dei prototipografi tedeschi: due di loro, Arnold Pannartz e Konrad Sweynheym, raggiunsero nel 1464 il monastero benedettino di Subiaco, già centro importante per la produzione di manoscritti. Si rivolserp però ai classici, non più ai testi liturgici: stampano il De oratore di Cicerone, il De divinis institutionibus di Lattanzio e il De civitate Dei di Sant’Agostino. Dall’isolamento di Subiaco decisero poi di trasferirsi a Roma, avviando una collaborazione intensa con il circolo degli umanisti: oltre che con Giovanni Andrea Bussi, vescovo e umanista, ebbero probabili rapporti col cardinale Bessarione.
A Venezia i primi stampatori comparsero solo nel 1469, ma la nuova arte ebbe uno sviluppo rapidissimo e in breve la Serenissima fu il centro più importante d’Europa per il libro a stampa. Oltre a Venezia e Roma la stampa si diffuse anche in altre città italiane.
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